PAURA DI USCIRE DA CASA DA SOLI
Paura di uscire da casa da soli. Ma anche degli spazi aperti o di essere costretti in luoghi chiusi. Si definisce Agorafobia. Con la Dr. Francesca Minore dello Studio Psiché, approfondiamo le cause ed il trattamento elettivo per risolvere il disturbo.
Solo dal 2013, anno di pubblicazione del DSM 5, l’Agorafobia non è più considerata una sottoclasse dei comportamenti protettivi del Disturbo da Panico ma una patologia a sé stante. Questo perché può presentarsi in comorbilità con l’Attacco di Panico, ma anche senza, per esempio quando la persona evita regolarmente le esperienze che reputa minacciose o nei casi paucisintomatici.
Caratteristiche specifiche dell’Agorafobia
Si presenta come ansia (con ansia anticipatoria), paura, angoscia dovute alla percezione di mancata sicurezza/protezione e al bisogno di fuggire.
Situazioni tipiche
- paura di uscire da casa da soli
- utilizzare i mezzi pubblici
- prendere l’ascensore o l’aereo
- attraversare ponti, piazze, strade
- stare in luoghi chiusi
- stare in spazi aperti
- stare in coda
- stare nella folla
Più in dettaglio, sono state individuate tre classi di situazioni temute. Approfondiamole:
1. Solitudine
In questa categoria rientra la paura di restare soli in casa. La persona si percepisce non in grado di poter far fronte ad una potenziale minaccia senza il supporto di un familiare.
Le cause
Secondo Clark (1988) l’ansia è dovuta al rischio di non ricevere soccorso/aiuto. Tale spiegazione è pertinente ma non esaustiva.
Da studi successivi (Gragnani, Mancini 2008) è infatti emerso che le persone affette da agorafobia non sperimentano solo la paura di uscire da casa da soli, ma preferiscono farlo accompagnati da un familiare piuttosto che da un medico. Preferiscono restare da soli in casa che uscire col partner, persino rimanere in casa da soli con un figlio piccolo, piuttosto che uscire con un adulto.
E’ davvero solo un problema di scarsa sicurezza? La motivazione individuata da Clark va quindi ampliata:
Qual è la catastrofe temuta da chi soffre di agorafobia?
Ciò che viene temuto sommamente è la paura di morire, impazzire, perdere il controllo. Questo in tutte le forme in cui si manifesta il distrubo. La paura va interpretata come dissolvimento del Sé, perdita di coscienza, della percezione del Sè agente, ossia di se stessi capaci di far fronte all’evento infausto.
Partendo da questo criterio è possibile effettuare una diagnosi differenziale e distinguere l’agorafobia da altre patologie che solo le somigliano quali la Depressione, il Disturbo Ossessivo Compulsivo ed il Disturbo d’Ansia da Malattia (Ipocondria). Per ciascuna di queste patologie infatti la minaccia percepita è differente.
Esempio. Diagnosi differenziale dall’Ipocondria – Come chi soffre da Ansia da Malattia, anche gli individui affetti da Agorafobia riferiscono di essere spaventati all’idea di uscire da casa da soli e sentirsi male in condizione di scarsa sicurezza. Eppure le malattie che temono possano colpirli appartengono ad una sola classe patologica e sono: ictus, tumore cerebrale, infarto… Tale specificità non è riscontrata nell’Ipocondria.
Questo perché nell’agorafobia non sono la sofferenza fisica o il decadimento fisico a rappresentare la minaccia, bensì la perdita di coscienza, della capacità di essere presenti a se stessi per poter reagire alle situazioni.
2. Costrizione
E’ la seconda sottoclasse del disturbo. In questo caso è la costrizione senza via di fuga ad angustiare (Clark 1988). Ancora una volta, la teoria dell’autore è corretta ma non esauriente. I racconti dei pazienti rivelano infatti che tra le fonti d’ansia sono da annoverare situazioni quali: il restringimento di un legame (sposarsi, per esempio) o il conflitto tra due scopi (un lavoro da terminare vs la possibilità incontrare gli amici, per esempio).
Si tratta dunque di costrizione in senso lato, perché include anche circostanze in cui si è costretti a limitare o non esercitare la propria volontà/controllo (in questa categoria anche la paura di prendere l’aereo, salire in ascensore e la paura dei cambiamenti connessi al ciclo di vita quali il matrimonio o la maternità, ossia eventi implicanti una riduzione delle libertà personali).
Va evidenziata altresì l’importanza del livello motivazionale percepito. Se una madre deve portare il bimbo al Pronto Soccorso, è probabile che uscirà da casa senza esitazioni nonostante l’agorafobia. Come mai accade? Perchè la motivazione ad uscire viene percepita più alta di quella ad evitare l’insicurezza e l’ansia.
Nonostante le persone affette da questa patologia si vivano deboli, incapaci e valutino con molta severità le proprie performance, messe nella condizione di agire causa forza maggiore, rivelano dunque l’inconsistenza di tali convinzioni.
3. Spazi Aperti
Luoghi isolati, non frequentati, spazi aperti naturali, piazze, ponti, sono fonte di inquietudine ed angoscia. Restare senza punti di riferimento causa senso di vuoto e di dissolvimento.
Quali sono i fattori scatenanti il disturbo?
Sono fattori scatenanti le perdite affettive, i lutti, la perdita del ruolo professionale. In questi casi infatti sono il controllo, l’ordine stabilito delle cose ed il senso di protezione a venir meno. Come rilevato in precedenza, anche il restringimento di un legame può innescare l’agorafobia o l’esperienza di una malattia propria o di un familiare, in quanto ci si scopre vulnerabili , fragili ed in balia delle emozioni.
Quali sono i fattori predisponenti il disturbo?
Rappresenta un’area di vulnerabilità l’aver subito un’educazione rigida o un controllo eccessivo da parte delle figure di riferimento. Il bimbo impara infatti l’ipercontrollo come modalità per evitare gli errori ed al contempo diviene intollerante all’incertezza, proprio perchè tale condizione non consente la gestione degli eventi.
Quando il modello educativo è iperaccudente, invasivo, ansioso-ambivalente, il piccolo tende a sviluppare sia un’immagine negativa di sé (“sono fragile, debole, non so fare da solo”) sia una lettura del mondo come pericoloso ed ostile (“là fuori è troppo pericoloso per me”).
Infine possono essere gli stessi genitori ansiosi, timorosi, ipercontrollanti ed i figli apprendono semplicemente le loro modalità cognitivo-comportamentali per emulazione.
Anxiety Sensivity ed agorafobia
Predisponente è anche l’anxiety sensivity, un atteggiamento mentale comune a tutti i disturbi d’ansia. Si tratta della tendenza ad interpretare ogni minima reazione fisiologica come sintomatica (“mi batte forte il cuore salendo le scale, sto per avere un infarto”). Di conseguenza la coloritura emotiva attribuita alla circostanza è sempre catastrafica.
Ruolo dell’anxiety sensivity
L’anxiety sensivity è tra le cause più rilevanti dell’attacco di panico (Cox 1999). Dinanzi ad una reazione fisiologico quali palpitazioni, affanno, tremore, anche di lieve portata, il soggetto attiva uno specifico orientamento cognitivo drammatizzante le sensazioni percepite, il che aumenta l’arousal fisiologico, da cui il panico o l’evitamento della situazione.
Origine dell’anxiety sensivity
Sviluppa da un’educazione ansiosa, focalizzata sulla patologia, volta ad interpretare ogni movimento del bambino come potenziale causa di malattia (“non correre, che poi stai male”). Si tratta perlopiù di una cultura familiare tesa ad evitare l’espressione emozionale perché ritenuta non governabile e dunque foriera di pericoli.
Agorafobia, il trattamento elettivo
Il trattamento adottato dallo Studio Psiché di Milano della Dottoressa Francesca Minore presuppone l’accoglienza del disagio che la persona sta vivendo e l’ascolto delle modalità da lei adottate per contrastarlo, con particolare riguardo a pensieri ed emozioni. Ciò permette di valutare insieme come sviluppano i sintomi e quali sono i fattori di mantenimento/aggravamento del disturbo, per esempio i circoli ricorsivi di pensiero.
Lo scopo di un supporto psicologico o di un percorso di counseling è rendere la persona consapevole e ricettiva ad accogliere strategie più funzionali ed adattive.
Successivamente si lavora insieme ai temi di vita, alle esperienze pregresse, al concetto che la persona ha di sé e della sua capacità di far fronte agli eventi. Ciò implica la graduale costruzione di schemi cognitivi ed emotivi più oggettivi e sani che includano anche potenzialità e risorse a cui non presta sufficiente attenzione o che non sa valorizzare.
Infine si decide come impostare il percorso esperienziale volto all’acquisizione di nuove abilità. Il fine è di potenziare la sicurezza in sé e nella capacità di affrontare il mondo. Con il supporto della Dr Minore si sperimentano esercizi di role playing, simulate, modeling, finalizzati all’apprendimento delle nuove strategie comportamentali.
Il risultato finale guiderà la persona verso una nuova, più sicura e salda, visione di sé e della realtà circostante. Per cominciare a vivere pienamente il proprio diritto ad andare nel mondo ed esprimersi.
Contatta lo Studio di Counseling Psichè della Dr. Francesca Minore per un consulto psicologico o di counseling (disponibile anche online. In dettaglio:
Lo Studio Psiché
Negli ultimi anni, dato l’incremento di richieste, lo Studio Psiché di Milano ha messo a punto un servizio online di psicoterapia e counseling specificatamente costruito per funzionare come le sessioni in presenza in termini di approccio metodologico, tecniche e protocolli utilizzati. Tutto ciò al fine di garantire un intervento produttivo ed efficace volto a ripristinare una situazione di benessere anche quando svolto non in presenza.
E’ disponibile inoltre un servizio di consulenza online per expat specificatamente dedicato alle esigenze di coloro che risiedono all’estero.
Per approfondire:
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