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GIOVANI – LA SFIDA E L’IMPEGNO DI CRESCERE ADULTI COMPLETI

Giovani. La sfida di crescere per diventare adulti completi. Difficoltà di approccio, ricerca di significato e lotte personali.

Giovani Le problematiche dell’età giovanile trovano spazio anche nelle pagine dedicate all’acne, al dismorfismo, al bullismo, al rapporto madre-figlia. A questi articoli si rimanda per un ulteriore approfondimento.

Tra i vari argomenti trattati dallo Studio Psiché di Milano con la Dr. Francesca Minore, qui ci interessa esplorare la giovinezza nelle sue manifestazioni.

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GIOVANI. INDIVIDUALISMO ED INCERTEZZA

Lavorare con i giovani, soprattutto con gli adolescenti, da parte dell’operatore implica la consapevolezza di disporre di un enorme potenziale, l’impegno a renderli consapevoli di tale bagaglio, la cura di fornirgli gli strumenti per farlo fruttare. Una sfida dunque. In quanto spesso non sono abituati alla pazienza della riflessione: la quantità di stimoli che ricevono e la velocità con cui in essi dimorano (A. Baricco) son tali da non agevolare l’elaborazione adeguata, che richiede tempo, pazienza ed un atteggiamento critico all’approfondimento.

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Sono numerosi i ragazzi che giungono al counseling. Inviati dai genitori in alcuni casi, per scelta personale in altri. L’età varia. I più giovani sono adolescenti della prima scuola secondaria, i grandi sono iscritti all’università, già lavorano o, purtroppo sempre più spesso, sono in cerca di un impiego.

Almeno nella mia esperienza, quello che li contraddistingue rispetto al passato, è senza dubbio uno spiccato individualismo. Ciò che li angustia, ciò che tiene occupati i loro pensieri, riguarda prevalentemente loro stessi ed il futuro. Non è difficile comprenderne la ragione. Sono frutto dell’epoca attuale, un periodo storico in cui l’utopia e il sogno hanno lasciato inesorabilmente il passo alla disillusione, al pragmatismo, all’esigenza di rimanere nel proprio. A ben guardare noi adulti non abbiamo fatto un buon lavoro. Conviene rimediare…

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GIOVANI. LA SFIDA

Ed i ragazzi sono un’ottima opportunità per farlo, per mettersi in discussione, guardarsi, ascoltare il percorso fatto e scegliere in che direzione procedere. In questo senso possono offrire inconsapevolmente un rimando scomodo. Non sempre è facile assumere una posizione critica rispetto a se stessi. Di certo, a volerla cogliere, è un’occasione unica.

Perché loro, i giovani, sanno fiutare chi hanno di fronte. Ne colgono intuitivamente l’autenticità. Non è importante a che punto tu sia della tua crescita personale, nemmeno che tu sia in grado di fornire loro risposte, anzi, giustamente vogliono raggiungerle in proprio. Ciò che cercano sommamente sono la tua esperienza e la tua stabilità.

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La prima per ricavarne gli strumenti più consoni a favorire il viaggio. La seconda per verificare in te che la strada merita di essere percorsa e che ci si può riuscire; che la serenità interiore è una meta reale, non un’illusione, non il racconto di pochi eletti. E soprattutto che tu, nell’ombra, a dargli supporto, ci sarai.

1. GIOVANI. I RICERCATORI DI SENSO

Possono essere adolescenti o già cresciuti. Li accomuna l’evento destabilizzante. Qualcosa è accaduto che ha costretto questi ragazzi a porsi domande fino a quel momento rimaste inesplorate.

Spesso si tratta del primo incontro con la malattia o la morte. Di un familiare, di un amico, anche solo di un conoscente. Da quel momento in poi, le loro giovani menti non hanno smesso di interrogarsi, di voler conoscere il senso della vita, di voler dare un significato a quanto percepito come suprema ingiustizia. Li conduce al counseling l’ansia di sapere o la somatizzazione corporea del disagio esistenziale, che spesso si manifesta con attacchi di panico e depressione.

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Così un sedicenne “immagino tu conosca “Riders on the storm” di Jim Morrison… (sì certo, molto!): Riders on the storm/Into this house we’re born/Into this world we’re thrown/Like a dog without a bone/An actor out on loan*… questi versi mi appartengono, è proprio così che mi sento… la vita mi fa paura.”

GIOVANI. L’OPPORTUNITA’

Può apparire paradossale, ma l’incontro con l’evento traumatico, se adeguatamente elaborato, diviene occasione incredibile di crescita, in quanto di per se stesso insegnamento di vita. Sì, perché l’esistenza è come uno spettro composto di mille colori e sfumature. Ritenere di poterla percorrere facendo solo esperienza delle tinte calde e luminose, procura delusione. Trasmettere ai ragazzi questo illusorio, ottuso ottimismo, è una vera ingiustizia. Già ci pensano i media a farlo. Ad incoraggiarli ed indirizzarli alla felicità e al godimento perpetuo. Al tutto pieno insomma.

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Julien Malland

GIOVANI. TUTTI I COLORI DELLA VITA

L’evento tragico invece li pone a contatto con aspetti imprescindibile della vita – il dolore, la precarietà e l’irrazionalità ne sono infatti parte integrante. Trovare la propria via a dargli riconoscimento, a permetterli e ad oltrepassarli senza timore è l’unico modo per poter affermare di aver profondamente vissuto, di aver sperimentato l’esistenza in ogni sua forma e colore.

Quando ero io un adolescente, dinanzi alle mie numerose domande esistenziali, ricordo che una fantastica persona mi diede questo consiglio: “Non smettere mai di cercare. Usa tutto, mettici tutta te stessa e non aver fretta. Le risposte arriveranno.” Senza esagerazione, ritengo siano le parole più preziose che mi siano mai state indirizzate. Sicuramente hanno condizionato la mia formazione e la donna che sono diventata. Inoltre, hanno fatto di me una privilegiata, in quanto, giovane ed ingenua, avevo conosciuto qualcuno che quelle stesse – mostruosamente grandi – domande se le era poste ed era riuscito a percorrere il viaggio della sua vita senza andare in frantumi, anzi, beneficiando di quella profondità.

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GIOVANI. COSA PROMETTERE LORO?

Si sa, i modelli per i ragazzi sono fondamentali.

Poiché io l’ho avuto, poiché ne ho goduto, reputo di avere, se possibile, una maggiore responsabilità nel fornirlo a mia volta. Esperienza e solidità si è detto. Il modello in fondo consiste di questo. Corredando il pacchetto con la consapevolezza di quanto poco sappiamo e dell’onestà di ammetterlo. E dunque,

cosa possiamo promettere ad un ragazzo in ricerca?

Unicamente il valore del viaggio, la grandezza e la meraviglia di andare alla scoperta di se stesso, della realtà che lo circonda, degli altri attorno a lui. Nessuna banale soluzione, nessuna semplicistica consolazione. Stimoliamoli piuttosto a rifornirsi della pazienza e del tempo utili ad effettuare il cammino assorbendo quanto incontrano ed impastandolo di volta in volta con quanto già integrato. 

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GIOVANI. MA TU LE RISPOSTE LE HAI?

Capita sovente che, con curiosità ed apprensione, mi chiedano “ma tu, oggi, le tue risposte le hai trovate?” 

Richiesta legittima. Risposta ben poco scontata:

ho maturato un mio modo di guardare alle cose, sì. Riguardo alle risposte ultime, menti ben più grandi – filosofi, pensatori, letterati che nella storia e nel tempo hanno battuto prima di me lo stesso cammino – ci hanno provato. Qualcuno ha trovato le sue. I più hanno lasciato in eredità i loro passi. Io su quella strada ho voluto crescere, a quei passi affidarmi per trarre ispirazione. Dal cammino ho imparato molto. Ne ho ricavato la tranquillità nella ricerca di quanto è esterno e dentro a me. Vivo tuttora la passione del viaggio, di una vita che non potrò mai dire di conoscere pienamente, ma che non smette di affascinarmi. Di confondermi, a volte. Di incuriosirmi sempre. Ora anche tu hai la possibilità di intraprendere quel cammino, di nutrirti dei grandi che l’hanno percorso, di macinare strada con entusiasmo…

e di non compiere mai il viaggio da solo.

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2. VIAGGIATORI SOLITARI

Ci sono ragazzini molto giovani, che vengono inviati allo Studio come pacchi postali. Li ricevi spenti, disinteressati, soprattutto mortalmente annoiati. Se glielo chiedi, ti rispondono con fare stupito che non sanno, non provano nulla, non sono particolarmente interessati a sapere o a provare nulla. Di certo si domandano che ce li hanno mandati a fare da te.

E mentre osservi i loro occhi vuoti, non puoi che interrogarti incessantemente sul perché, delle giovani anime, stiano e all’apparenza amino stare, in quel limbo grigio…

Nel corso degli anni ho imparato che nessuno di loro – nessuno – ci è nato. Ci si sono trovati catapultati. Senza rendersene conto. Da famiglie in cui non si parla, non si comunica – spesso nemmeno con lo sguardo – non si pensa. Si sopravvive. Magari si compra, magari si lavora tanto. In qualche caso si vive una situazione drammatica che risucchia l’anima. Di buono, molto buono, c’è che in quelle famiglie solitarie qualcuno ha ritenuto che forse quel figlio avesse da migliorare la propria condizione “non so dire il motivo, ma sta sempre nella sua stanza. Solo. Con i videogiochi e l’aria depressa. Si può fare qualcosa?”

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GIOVANI. SI PUO’ FARE QUALCOSA?

Si può fare molto. Sempre. Ma questi giovani vanno avvicinati con cautela. Con pazienza. Con rispetto.

Bisogna mettersi al loro posto. Al posto di chi è nato in un ambiente sterile, asettico. Chi, nei loro panni, sopporterebbe un approccio entusiastico?

All’incontro devono fare l’abitudine. E tu devi saperci stare. Tutto il tempo necessario. Mettendo in conto che arriverà il fatidico momento in cui ti chiederai – ce la faremo mai ad incontrarci davvero?! – E’ un momento. Poi ti passa. Poi intravvedi un segnale quasi impercettibile di apertura, che so… un mezzo sorriso ad una tua battuta ed allora, ringalluzzita, perseveri. Finché un bel giorno avviene: ti ha studiata, radiografata, messa a distanza, messa alla prova, messa al muro… Alla fine ha scelto di poterti incontrare. Di guardarti con occhi attenti.

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Da quel momento in poi, se hai ancora la capacità di attendere, di avvicinarti piano, di stare immobile ad aspettare un suo avvicinamento, scoprirai un mondo. Il suo. Che una punta comincia a fidarsi di te “ho vissuto la mia infanzia a sentirli litigare, ad offendersi, ad accapigliarsi fino all’arrivo dell’ambulanza… l’auricolare è stata la mia fortuna. Non sempre vale la pena ascoltare. Meglio non sentire. Meglio farsi una corazza, essere forti, fregarsene di tutto ed andare avanti, io la vedo così.” 

GIOVANI. RISENSIBILIZZARLI ALLA VITA

Per poter tornare alla vita, quella in cui si respira, ci si emoziona, si soffre e ci si rialza pronti al nuovo, per tornare a godersi tutto quanto, questo ragazzino ha bisogno di essere risensibilizzato a se stesso e all’esistenza.

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E tu sei il tramite. Sei nella condizione di offrirgli, per tutto il tempo che lo avrai vicino, una relazione riparativa, vale a dire la discorferma affettiva che i rapporti debbano essere necessariamente vacui e che gli adulti non sappiano rimanere, che siano cronicamente inaffidabili. E soprattutto che sei lì perché lui, una relazione nutriente la merita sommamente. Nell’esperienza di questo nuovo modo di stare con te, di affidarsi, di essere amato e voler bene, giungerà il momento di ricondurlo all’esterno, consapevole e completo degli strumenti per continuare a far fiorire autonomamente il giovane Sé rinnovato.

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GIOVANI. IL RUOLO DEI GENITORI

Capita di ascoltare genitori infastiditi, innervositi ed annoiati dall’immagine che il figlio rimanda loro… Bene, un po’ di vittimismo va concesso ad ogni essere umano. Ma lo sconforto può durare solo qualche attimo.

Dopo, subito dopo, è utile ed urgente che, in quanto adulti, prendano coscienza del fatto che quei ragazzi non sono in dovere di comprendere le loro fatiche, i loro drammi, le loro frustrazioni, le loro lamentele.

Che quei giovani, quegli adolescenti e pre-adolescenti, non sono per loro né amici, né compari, né alleati, né spalle a cui appoggiarsi, né tanto meno genitori. Sono figli. Ed in quanto tali, hanno il supremo diritto di vedere nelle loro figure di riferimento una base stabile e sicura da cui spiccare il volo.

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GIOVANI. “MI SERVE UN ADULTO”

Più spesso di quanto si pensi infatti, non se lo possono permettere. Il che mina gravemente la loro crescita. Ricordo che un giovane, corredato di cresta colorata e pantaloni a vita extra bassa, mi ha molto commossa al nostro primo colloquio “ho deciso da solo di venire qui perché mi serve un adulto a cui appoggiarmi. Sono stanco di fare da supporto a mia madre e stanco di rincorrere mio padre che si rifiuta di sostenere me.” Fantastico ragazzo. Lucido. Brillante. A reclamare un suo diritto. Come non assecondare un bisogno tanto vero?! Lo si ribadisce: per un genitore, i figli sono una splendida opportunità di mettersi in discussione, di rimediare ad eventuali errori e ripartire con consapevolezza e spirito rinnovato: c’è sempre tempo. Ed a saper cogliere l’opportunità, il grazie lo dobbiamo noi adulti a loro.

Questi ragazzi sono viaggiatori solitari. Perché non hanno mai sperimentato la condivisione. Piuttosto imparato a farne a meno: se ti viene rispecchiata la fatica, la noia, il disvalore, così sei propenso a vederti. Per questo smetti di chiedere. Perché veder confermata quell’immagine di te negli occhi dei tuoi affetti più cari fa molto male. Meglio non sentire, non desiderare.

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GIOVANI. GENITORI DEI GENITORI

Altre volte invece, i loro racconti di vita descrivono genitori invasivi e divoranti. Che inconsciamente richiedono ai figli supporto, sostegno, contenimento. Con le parole di un diciannovenne “da sempre sono il vice-padre dei miei fratelli. Un po’ precoce, vero? Del resto mia madre ha bisogno di me, da sola non sta proprio in piedi… se non io, chi?” Difficile che il ragazzo prenda parte, compartecipi, si affidi agli altri: perché ogni volta che ne sentirà l’esigenza, proverà contemporaneamente il timore di essere fagocitato.

GIOVANI. CONCLUSIONE

Eppure, il viaggio della vita non può essere affrontato da soli. In solitudine, è un vero peccato. In quanto gli altri caricano di energia, alimentano il sogno, forniscono prospettive inaspettate, stimolano al non consueto… e ad ogni nuovo incontro tu non rimani mai quello di prima.

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L’integrazione di quanto ricevi ti proietta inevitabilmente ad un livello superiore. Di conseguenza è necessario trasmettere ai ragazzi la potenza ed il valore dell’essere e del fare insieme e qualora dal contatto pieno siano intimoriti, delusi, cinicamente distanti, bisogna aiutarli a sciogliere i nodi che tali reazioni hanno provocato. Tornare a sporcarsi le mani, a mescolare esperienza, a soffrire e ridere e sognare insieme è un diritto che dobbiamo restituire loro e alla nostra società.

*“Cavalieri nella tempesta/In questa casa siamo nati/In questo mondo siamo stati gettati/Come cani senza l’osso/Come attori a noleggio”The Doors – L.A. WOMAN – 1971

Studio Psiché – chi siamo

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Negli ultimi anni, dato l’incremento di richieste, lo Studio Psiché di Milano ha messo a punto un  servizio online specificatamente costruito per funzionare come le sessioni in presenza in termini di approccio metodologico, tecniche e protocolli utilizzati. Tutto ciò al fine di garantire un intervento produttivo ed efficace volto a ripristinare una situazione di benessere anche quando svolto non in presenza.

E’ disponibile inoltre un servizio di consulenza online per expat  specificatamente dedicato alle esigenze di coloro che risiedono all’estero.

Primo colloquio gratuito.

Per approfondire:

colloqui di counseling di che si tratta?

studio psiché – consulenze online

studio psiché – counseling online per expat

BIBLIOGRAFIA

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